La Ricostruzione della Chiesa del S.mo Salvatore di Rocchette

La Chiesa Parrocchiale di Rocchette è situata nel punto più alto del paese e arrivarci non è mai agevole, soprattutto con la presunzione di farlo velocemente. Dopo la sua edificazione ci sono stati sicuramente molti altri lavori, tra cui quelli a seguito degli eventi bellici portati a termine, nei primi anni cinquanta, ad opera di Don Natale, come testimonia l’iscrizione sopra la porta della Sagrestia, ed altri ancora più recenti riguardanti interventi sul tetto, ma in questa piccola storia vogliamo parlare del trentennio durante il quale è stata edificata.

La chiesa è a navata unica lunga circa 12 metri e larga 8,5 e il presbiterio con l’altare maggiore è di circa 3 metri per 8,5 ed è interessante scoprire come si sono svolti i fatti che hanno portato alla sua costruzione, attingendo a piene mani dalle notizie e particolari ripresi nella monografia del pittore Girolamo Troppa scritta da Roberto Della Portella.

Nel novembre del 1696 viene stabilito, da parte del Vescovo e funzionario ecclesiastico incaricato come “Visitatore Generale della Sabina” Ulisse Rossi, che la chiesa del Santissimo Salvatore di Rocchette doveva essere restaurata con urgenza, pena la sospensione delle funzioni. Questa decisione fu poi confermata e ripresa il luglio dell’anno successivo quando Oronzo Salinari Luogotenente del Governatore Generale di Collevecchio, presentò al superiore organismo della Curia Romana deputato all’approvazione (denominato Sacra Congregazione del buon Governo) un memoriale della comunità di Rocchette e una relazione redatta dal perito Fabiano Rinaldi, dove si chiedeva la facoltà di spendere la somma preventivata  (duecento scudi) per il risanamento della chiesa parrocchiale. Tutto era motivato dallo stato ormai pericolante della chiesa esistente che presentava una situazione di degrado avanzato, sia alle travi del tetto e sia nei muri, a causa di infiltrazioni copiose di acqua, al punto da renderla del tutto inagibile.

Ottenuta la licenza a firma di Monsignor Carlo Cerri, i lavori ebbero inizio e con loro anche quanto necessario per un ampliamento della chiesa (su richiesta della comunità) cosa che comportò l’edificazione, a partire dall’antica struttura e dalle sue  fondamenta, di un corpo nuovo più grande e con una disposizione diversa.

La prima fase dei lavori, durata circa quattro anni, viene completata con l’edificazione della facciata anteriore nel 1701, in questo periodo si realizzarono tutte le strutture portanti, la volta del tetto, la sagrestia e i documenti descrivono che a causa del cattivo stato riscontrato nelle strutture preesistenti, fu necessario un aumento delle somme inizialmente stanziate, dai duecento iniziali a cinquecento scudi totali.

Nella seconda fase, durata molto di più, ma avvenuta con discontinuità, fu eseguita la sopraelevazione del campanile e la costruzione di ulteriori opere interne, come il completamento dell’altare principale e la realizzazione in più riprese di vari altari laterali, conclusa definitivamente verso il 1729.

Girolamo Troppa partecipò attivamente alle due fasi di costruzione della nuova chiesa, essendo in quel periodo molto integrato nella comunità di Rocchette dove ricopriva incarichi come consigliere comunale e priore della confraternita del Santissimo Sacramento, insieme con l’amico fraterno Giuseppe Antonio Montani, figura illustre di quel tempo e membro della nobile famiglia rocchettana, gestirono i lavori disponendo di poteri decisionali indiscussi; entrambi però, non ne poterono vedere il completamento in quanto Girolamo nel 1711 e Giuseppe Antonio un anno prima, cessarono la loro esistenza in vita.

Un contributo decisivo alle opere, da un punto di vista artistico e architettonico, fu dato dalla presenza fin dall’inizio di una terza figura e cioè il maestro d’arte, capo mastro stuccatore ticinese (oggi lo definiremo un architetto scultore) Michele Valsangiacomo Chiesa, molto legato al Troppa con il quale collaborava fin dal 1683. Egli realizzò gli espropri necessari all’incremento della superficie, progettò le strutture edili e la sopraelevazione del campanile, si occupò della direzione dei lavori, ma soprattutto si fece carico di realizzare in prima persona tutto l’apparato decorativo plastico che riveste l’abside dell’altare principale. In questa costruzione furono realizzate statue a grandezza naturale di angeli alati che brandeggiano trombe e cantano la gloria, al centro un arcangelo che insieme ad un angioletto sorregge il mondo su cui troneggia un calice e l’ostia sacra, contornata da un fascio di raggi sfavillanti e poi ancora piccoli putti ai lati, tutti  realizzati con una finitura esterna in gesso alabastrino e polvere bianca di pietra calcarea, il complesso raccordato con ghirlande a motivi floreali, capitelli, colonne e cornicioni geometrici dipinti e decorati in finto marmo, creando nel complesso un insieme di rara bellezza. Stesse considerazioni per tutte le cornici dei quadri posizionati negli altari laterali, realizzate con il medesimo stile barocco a motivi floreali e dove gli angeli sorreggono i simboli iconografici dei Santi e delle figure rappresentate nelle tele di cui costituiscono la cornice cosa che testimonia il fatto che queste ultime furono costruite proprio in base alla tela che dovevano ospitare; in un caso particolare  le statue degli angeli entrano a far parte della cornice stessa sorreggendone il bordo con le mani,  accade nella cornice del quadro più bello della chiesa e cioè La Madonna del Rosario (dipinto dal Troppa almeno nove anni prima come si vede dalla data presente nella tela).

La costruzione degli altari nell’abside e nelle fiancate laterali fu comunque un intervento oltre che protratto nel tempo anche dispendioso a livello economico, cosa che però non fu un problema in quanto la comunità di Rocchette assicurò sempre una conveniente copertura, segno di una florida situazione economica, ma anche di una convinta intenzione a possedere una chiesa parrocchiale di una certa rilevanza artistica.

L’altare Maggiore, con la magnificenza di angeli e cornici descritte in precedenza, fu ornato con una pala rappresentante la Trinità, dove in alto compare il Padre Eterno che benedice, appena sotto la colomba dello Spirito Santo e al centro il Cristo con a fianco la Croce simbolo della Passione, entrambi sorretti da uno stuolo di angeli che li portano in gloria (compreso il simbolo della Passione); Il dipinto, attribuibile alla bottega del Troppa,  insieme all’altare furono commissionati dalla Confraternita del S.S. Sacramento di Rocchette al quale spettava fin dal 1632 la manutenzione e la custodia (e cioè anche nella chiesa antica prima della riedificazione).

Nella parte sinistra, guardando l’altare maggiore (a cornu evangelij ovvero nella parte della chiesa dove avviene la lettura del Vangelo) dopo un primo piccolo altare con una nicchia che ospitava la statua di S. Antonio Abate (attualmente vi dimora anche la statua della Madonna) si trova l’altare che ospita il quadro che rappresenta la Madonna del Rosario, altare riedificato a cura e spese della Confraternita dallo stesso nome in quanto esistente anche questo nella chiesa antica fin dal 1603; per questo quadro Michele Chiesa realizzo una cornice con lo stile barocco comune a tutta la chiesa, ma come accennato, con la particolarità di creare un effetto visivo particolare (il cosiddetto trompe-l’œil) che dà l’illusione della tridimensionalità, in quanto gli angeli e arcangeli bianchi e cioè pervasi da una luce divina, posizionati ai lati e in alto, mettono le mani sulla cornice stessa nell’atto di sorreggerla, cornice che nella parte più vicina al dipinto  è realizzata in modo da simulare l’aspetto del legno pur essendo anche qui costruita con stucco dipinto. Nella parte bassa della tela e raffigurato un nastro bianco su cui è riportata compiutamente la firma dell’autore “EQUES HIERONYMUS TROPPA Fe•A˜• 1692” contornato da una bellissima natura morta di fiori caduti dall’alto, compreso il giglio simbolo della purezza di San Domenico. Nella  raffigurazione San Domenico e le Sante Caterina e Brigida ricevono il Santo Rosario elargito uno per ogni mano dalla Madonna con Bambino, sospesa su un trono di nubi e contornata da un coro di angeli sotto il quale si scorge un paesaggio che rappresenta indubbiamente proprio Rocchette e Rocchettine. Intorno a queste figure ci sono i misteri del Rosario, raffigurati come racchiusi in cornici di legno in una rappresentazione che crea un secondo motivo illusionistico; in ogni cornice, di forma alternata ottagonale ed ellittica, sono presenti tutti i motivi dei misteri come la resurrezione di Cristo, la crocifissione, Cristo flagellato e cosi via in una seconda struttura che poggia illusionisticamente su una architettura ad arco dentro il quale è posta la Madonna.

A completare questo lato della chiesa c’è un ultimo altare, anche questo già presente nella chiesa precedente, dedicato al Crocifisso e fin dalle origini sotto il patronato della famiglia Montani, riedificato nel 1701 vi fu nuovamente sistemata la tela del Crocifisso con la Madonna, Maria Maddalena e S. Giovanni; l’altare nella parte alta, realizzati in stucco e integrati nella cornice, presenta i simboli del Crocifisso  e cioè il martello i chiodi e le tenaglie.

Passando al lato destro della navata (a cornu epistolae ovvero nella parte della chiesa dove avviene la lettura delle lettere scritte dagli Apostoli ai cristiani le epistole appunto) partendo dal fondo troviamo l’altare dedicato a S.Filippo Neri e a San Gaetano da Thiene, costruito a cura di Antonio Montani che con lascito testamentario del 1720 fece dotare la cappella del quadro  della Madonna con Bambino  S. Filippo N. e S. Gaetano, firmato da Girolamo Troppa nel 1701; come particolarità c’è da dire che in questa tela la firma del pittore appare molto nascosta  e difficilmente visibile in quanto eseguita con colore nero su un fondo molto scuro, posizionata sotto una trina di merletto molto elaborata, che apparentemente attira l’occhio dello spettatore su di essa, sviandolo così dalla firma.

 Nel 1725 fu completato l’altare successivo situato nella parte centrale della navata destra, appena dopo l’entrata della Sagrestia, con la cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, da parte di Lorenzo Angelini e della cognata Agnese Agolati,  dove fu posta la tela raffigurante il Santo che inginocchiato adora il Bambino sorretto da un coro di angeli,  raffigurato anche il giglio simbolo di purezza e il libro che simboleggia la sua scienza (comunque ispirato al libro per eccellenza  e cioè la Bibbia), la tela è attribuita alla bottega del Troppa;  gli stessi simboli vengono ripetuti nella cornice, sostenuti da due angeli alati.

Completa questo lato l’ultimo altare dedicato a San Giuseppe, eretto a cura dei coniugi Giuseppe e Anna Felici Corsi nel 1729, destinato ad accogliere una tela ovale che vuole rappresentare la fuga in Egitto della Sacra Famiglia. L’opera rappresenta un momento di riposo della famiglia dove San Giuseppe seduto tiene il Bambino in braccio mentre a Maria un angelo indica la direzione e il modo per fuggire dalle persecuzioni di Erode e cioè una barca che attraversando il Nilo li condurrà nel lontano Egitto. L’autore raffigura Maria che nonostante le attenzioni dell’angelo non viene del tutto distratta e rivolge comunque lo sguardo verso Giuseppe e il bambino. Sono presenti infine angeli che vigilano attenti sulla Famiglia aiutando addirittura la barca verso l’approdo.

Anche questa tela è firmata da Girolamo Troppa e in modo da risultare molto poco visibile, in quanto riportata sul bordo inferiore scuro dell’ovale, inoltre non essendo seguita da una data la realizzazione è presunta intorno al 1705-1710.

A detta degli esperti questa opera viene giudicata come una delle esecuzioni forse con più modesta rilevanza pittorica, mentre tutt’altro giudizio artistico riceve il complesso della cornice, creata in una cappella più arretrata e più incassata rispetto ai precedenti, ma comunque con un sovrastante grande arco e cornicione geometrico abbellito con ghirlande di vegetali e putto alato centrale. La cornice vera e propria tutta costruita in stucco e muratura, si sviluppa a partire dal piano dell’altare realizzando rispetto a questo una sopraelevazione geometrica che forma una centrale nicchia rettangolare; ai lati partono salendo fasci di foglie e sopra ghirlande di fiori che continuando la salita circondano completamente l’ovale della tela fino a richiudersi alla sommità dove è presente un viso contornato da una corona di petali ed altre forme.

Ai due lati sono presenti due arcangeli alati a grandezza naturale che sorreggono uno il giglio simbolo della purezza di Maria e l’altro il bastone fiorito simbolo della vittoria di San Giuseppe nei riguardi degli altri pretendenti alla mano di Maria.